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Probabilmente per un'identificazione troppo forte con la protagonista, che non consente il distacco necessario per scrivere una storia narratologicamente coesa, l'autrice si lascia distrarre, nella narrazione, da una serie di aneddoti e sensazioni spesso devianti rispetto al tema, che appare offuscato e a tratti caotico, anche per il passaggio troppo disinvolto fra la prima, la seconda e la terza persona singolare. Troppo indiretto libero, se mima bene i turbamenti dell'io narrante, rende davvero ostica la lettura, non ancorata alle normali regole della sintassi. Un esempio per tutti: “Roma, che quando pronunci il suo nome ti si riempie la bocca”.

(Recensione di Benedetta Colella, Anobii)

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